L’articolo presenta uno studio del “Max Planck Institute for Ornithology” sulle importanti conseguenze che l’inquinamento luminoso può avere sulle popolazioni naturali adattate agli ambienti altamente antropizzati.
CRONACA – La principale informazione ambientale utilizzata dagli organismi, a tutti i livelli trofici, per regolare le proprie attività annuali e/o gli stadi vitali è la variazione stagionale del fotoperiodo (la variazione delle ore di luce giornaliere). Ma cosa accade a quegli organismi che vivono negli ambienti antropici in cui l’illuminazione artificiale notturna è estremamente diffusa? E’ possibile che l’inquinamento luminoso possa influenzare la loro biologia?
A quanto pare, almeno per alcuni uccelli, la risposta è affermativa. Un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute for Ornithology ha applicato sul corpo di diversi individui di merlo (Turdus merula) un dispositivo produttore di luce, che simulava la presenza di illuminazione artificiale notturna. Dai risultati, pubblicati sui Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences emerge che i maschi soggetti all’illuminazione notturna sviluppano le gonadi circa un mese prima degli individui che trascorrono la notte al buio. Inoltre, si osserva l’incremento medio del testosterone nel sangue e un’alterazione delle attività canore giornaliere. Insomma, i risultati indicano inequivocabilmente che gli uccelli esposti alla luce notturna si predispongono fisiologicamente alla riproduzione in tempi più rapidi rispetto alle popolazioni selvatiche. A conferma di ciò, infine, anche la data della muta, che avviene al termine della stagione riproduttiva, viene considerevolmente anticipata.
Non solo quindi inquinamento atmosferico, inquinamento delle acque e inquinamento acustico, ma anche l’inquinamento luminoso potrebbe avere conseguenze importanti sulle popolazioni naturali adattate agli ambienti altamente antropizzati.
Meno chiari sono invece i meccanismi prossimi che hanno causato queste alterazioni fisiologiche così rilevanti: le luci artificiali, sostengono i ricercatori, potrebbero aver modificato la percezione del fotoperiodo da parte dell’organismo oppure potrebbero aver garantito loro la possibilità di cacciare anche di notte, e quindi consentendo loro di acquisire le energie necessarie alla riproduzione in tempi più rapidi.
Davide Dominoni, Michael Quetting and Jesko Partecke. Artificial light at night advances avian reproductive physiology. Proceedings of the Royal Society Series B, February 13, 2013
Link
http://oggiscienza.it/2013/03/06/merli-fotosensibili/